Siamo passati da cantare tutti assieme sui balconi per farci coraggio a credere che sia tutto un complotto. Com’è possibile che in così poco tempo ci siamo dimenticati della morte di più di 100.000 persone? Quali sono i meccanismi psicologici che ci hanno indotti a cambiare idea così radicalmente e rapidamente?

Una pandemia è un evento traumatico. Il Covid-19 ha travolto il mondo intero in men che non si dica, non c’è stata una singola persona che non abbia subito le sue ripercussioni. Anche chi la malattia non l’ha contratta, ha dovuto di punto in bianco cambiare il proprio stile di vita. Tra distanziamento sociale, obbligo di mascherina, coprifuoco e zone rosse, ci siamo ritrovati immersi in una situazione quasi surreale. Perché la diffusione del Covid-19 non è stata soffocata in tempo come era già avvenuto in passato con altre epidemie? Com’è possibile che in un mondo così tecnologicamente avanzato è stato permesso che si verificasse un evento così catastrofico? Quando la propria vita viene stravolta improvvisamente, si fa fatica a concepire l’idea che tutto ciò sia realmente accaduto e che sia capitato proprio a noi. Non volendo accettare la pura e semplice verità, e cioè che il mondo in cui viviamo non è un sistema infallibile, si tende ad andare alla ricerca di un’altra spiegazione più soddisfacente.

Ed è proprio qua che subentrano le teorie del complotto, credenze che “spiegano l’inspiegabile” e rendono la “complessità comprensibile”, come illustra Rob Brotherton nel suo libro Suspicious Minds: Why We Believe Conspiracy Theories. Secondo l’autore, tutte le teorie complottiste poggiano su una semplice affermazione: “la colpa è loro”. Si tratta una posizione che può sembrare banale ma che è estremamente efficace, poiché avvalorata dal fatto che tutte queste teorie si confermano a vicenda. Inoltre, la credibilità delle teorie del complotto non viene alimentata solo da questa solida “rete di credenze”, ma anche dallo stile con cui vengono scritte. I testi di riferimento infatti, emulano i canoni di scrittura dei documenti scientifici accademici.

A spiegare i meccanismi psicologici che spingono alcune persone a credere alle innumerevoli teorie cospirazioniste, contribuiscono anche i cosiddetti “principi della persuasione” elaborati da Robert Cialdini, autore del bestseller Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire sì. Nel 1984 Cialdini individuò sei principi fondamentali in grado di persuadere le persone, aggiungendone un settimo nel 2016. Quest’ultimo, il principio di unità, è particolarmente rilevante in tal senso. Secondo questo principio, le persone sono inclini ad omologarsi alle idee e alle abitudini del gruppo di cui fanno parte: ciò permette di sentirsi parte di una comunità e di conseguenza, di assumere un’identità. Di fronte all’insicurezza e alla paura generate da un evento traumatico come la pandemia, le persone sentono il bisogno di trovare fiducia in una voce decisa e autoritaria. Le teorie del complotto costituiscono esattamente quella guida che le persone ricercano, perché non parlano con i “forse”, ma a suon di “così è, punto”. Non a caso, il secondo principio della persuasione di Cialdini è proprio il principio di autorità, secondo cui si tende ad affidarsi a ciò che viene percepito come un’autorità.

Le teorie del complotto inoltre, fanno leva sui cosiddetti bias cognitivi, ovvero pregiudizi che ci impediscono di avere una visione oggettiva. Il primo pregiudizio che aumenta la credibilità delle teorie del complotto è il bias di conferma, secondo il quale si tende credere alle informazioni in linea con il proprio pensiero. Se una persona ha iniziato a dar credito ad alcune teorie complottiste, non saranno le controprove scientifiche e la ragione a farle cambiare idea. Anche il bias di proporzionalità gioca un ruolo importante, il quale stabilisce che la causa di un evento importante deve essere altrettanto significativa. È difficile perciò da accettare che un’intera pandemia si sia originata per errore: è più logico pensare che sia stata orchestrata ai più alti livelli della politica.

Le teorie del complotto hanno perciò un forte legame con la politica. Essa viene percepita come la causa di tutte le incertezze e dell’insicurezza, dal momento che la sorte di un intero Paese dipende da essa. La politica è la massima autorità, ma se nonostante i decreti e le misure l’epidemia continua a diffondersi, è più facile pensare che sia tutto voluto, piuttosto che accettare che un virus sia molto difficile da sopraffare.